E' COLPA DEGLI ALTRI
Dr. Riccardo Caboni
Psicologo Roma
Quante volte vi siete sentiti dire: "E' tutta colpa tua!"?
Vi svelo un piccolo segreto: nel fantastico mondo delle relazioni solitamente la colpa non è mai del singolo.
Dal punto di vista psicologico la coppia può essere concepita come un sistema circolare, il quale si alimenta con tutto ciò che ciascuno degli elementi mette a disposizione. Questi sono gli ingredienti su cui la coppia si forma e costruisce la propria identità, le proprie regole ed il sistema di valori. Vediamo quindi insieme un comportamento “ever-green” che non passa mai di moda.
Tutti coloro che utilizzano un linguaggio rivolto all'esterno, ciò che in termini psicologici viene definito come “causatività esterna”, generalmente tendono ad attribuire ai risultati delle loro azioni cause che esulano dalle loro capacità. Solitamente questa tipologia di persone sente di non poter contribuire in modo decisivo al buon esito dei propri obiettivi.
Un esempio di causatività esterna è:
“Ho superato l’esame perché sono stato fortunato!”.
La stessa frase potrebbe essere posta in modo inverso:
“Non ho superato l’esame perché sono stato sfortunato!”.
Entrambi i casi sono identici, assegnano alla fortuna/sfortuna, o al caso, la riuscita o meno del loro esame.
Fare un’attribuzione esterna è uno dei modi per non assumersi le responsabilità delle proprie azioni. Questi soggetti tendono a pensare o credere che i propri comportamenti verso il mondo esterno non possano produrre nessun cambiamento.
Questo tipo di atteggiamento non consente loro di usufruire appieno delle risorse emotive e cognitive, né tantomeno di accrescere la loro autostima.
Il modus operandi non causativo può essere abbinato ad una struttura di personalità poco consapevole, dove il risultato dei comportamenti è dato da un “forza” più grande della propria volontà. Questo può sfociare in una percezione vittimistica di sé, la “sfortuna” li attende dietro l’angolo. Nelle relazioni amicali, amorose e famigliari sono maggiormente propensi a colpevolizzare l’altro se qualcosa non va. Alcune volte non hanno la percezione che le loro azioni possono produrre una reazione.
Hanno scarsa capacità di mediare all’interno della relazione e sono totalmente proiettati all’esterno. Difficilmente riescono ad ascoltare ed integrare le ragioni dell’altro. Utilizzano spesso un linguaggio dove è presente il “Tu sei …”(iniziare una discussione con il “tu” è il modo migliore far sentire l’altro sotto accusa) piuttosto che “Io sento…” (questa è una modalità che permette all’altro di capire come ci sentiamo e come ci fanno sentire le sue parole o i suoi comportamenti).
Questi soggetti non hanno piena consapevolezza di sé a livello cognitivo e affettivo, motivo per il quale potrebbero non riuscire a vedere il proprio comportamento da un punto di vista diverso.
La convinzione che sia la fortuna o il fato a decidere della propria sorte fa si che queste persone non riescano a disporre delle loro reali risorse. La percezione rivolta all’esterno potrebbe essere stata rinforzata dall’ambiente culturale e famigliare.
Ciò però non vuole essere una giustificazione, ma una delle molteplici cause. La ricerca delle motivazioni esterne per questi soggetti è un’ancora di salvataggio, un porto sicuro dove approdare. E’ proprio il porto sicuro che ci toglie la possibilità di navigare verso nuovi mondi e poterci permettere il lusso di sbagliare rotta.
Un errore potrebbe essere un nuovo punto di partenza e non un punto di arrivo. Errori nuovi corrispondono ad esperienze nuove, quindi auguriamoci una vita piena di errori perché solo così possiamo imparare e sviluppare nuove competenze.
Che fare quindi quando ci troviamo di fronte a qualcuno che si rivolge a noi in maniera aggressiva?
Spezziamo la catena dell’aggressività rompendo il circolo vizioso che alimenta la reazione aggressiva.
Rispondere in modo simmetrico non fa altro che alimentare una reazione irruente.
È utile ricordare che non possiamo modificare l’altro, ma possiamo modificare le nostre reazioni nei confronti dell’altro.
